Islam e Violenza (Parte II) – Risposta a Donadel
Prosegue l’analisi sul rapporto tra Islam e violenza. Qui la prima parte.
Autore: Esservion.
Islam e violenza: un excursus sui rapporti fra Occidente e fondamentalismo
Il direttore della rivista di geopolitica Eurasia, Claudio Mutti, ha tracciato un’interessante e documentata cronologia delle relazioni intrattenute fra angloamericani e fondamentalismo già a partire dal XIX secolo[1] al fine di destabilizzare l’allora impero ottomano, in particolare tra impero britannico ed esponenti della corrente di pensiero salafita.
Parallelamente nella penisola arabica i sauditi, che si rifanno al wahabismo, un’altra variante di fondamentalismo islamico, occuparono i luoghi sacri dell’Islam tra il 1924 e il 1925 e la prima potenza europea a riconoscere questo nuovo Stato (chiamato fino al 1932 Regno dell’Hegiaz e del Neged) fu proprio la Gran Bretagna nel 1927.
In pochi anni il sodalizio si allargò alla nascente potenza statunitense, suggellato nel 1933 dalla concessione alla Standard Oil Company of California il monopolio dello sfruttamento petrolifero.
La stessa Arabia Saudita, in particolare a partire dagli anni ‘70, iniziò una massiccia campagna di diffusione della dottrina wahabita negli altri Paesi islamici investendo miliardi di dollari nella creazione di moschee, scuole coraniche e centri culturali islamici.
La guerra russo-afghana
È in questa cornice che negli anni ‘80 fu lanciata una jihad contro l’occupazione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica, in cui uno dei membri di spicco divenne il famigerato nobile saudita Osama bin Laden.
A questo proposito, ad esempio, Michel Chossudvosky, professore canadese di economia dell’Università di Ottawa e direttore del Centre for Research on Globalization, nel suo libro del 2005 America’s “War on Terrorism” sostiene che questa jihad oltre che dall’Arabia Saudita e delle monarchie del golfo Persico ebbe l’appoggio strategico in chiave antisovietica dell’ISI, i servizi segreti pakistani, e in seconda battuta della CIA[2].
Arrivarono e furono armati e addestrati in Pakistan nel corso di alcuni anni migliaia di combattenti radicali da varie parti del mondo islamico che fra il 1979 e il 1989 entrarono in Afghanistan, dove affrontarono e scacciarono le truppe sovietiche.
La guerra in Cecenia
Che ci fosse un’affinità di interessi tra jihadisti e Stati Uniti verrà anche sottolineato dal trattato di geopolitica «La grande scacchiera» del diplomatico e politologo americano Zbigniew Brzezinski, in cui indicava come l’Asia centrale fosse il «Cuore della terra (Heartland)[3]» [1997], e di come fosse strategicamente importante per gli Stati Uniti mantenere un’influenza in quell’area e accerchiare la Russia con regimi alleati.
In questo quadro Chossudovsky fa rientrare anche la guerra intercorsa negli anni ‘90 tra Russia e separatisti ceceni, il cui leader militare Shamil Basayev passò per gli stessi campi di addestramento dei servizi pakistani di cui sopra e con il supporto del mujahidin saudita Ibn al-Khattab, già collaboratore di Bin Laden in Afghanistan.
Da non trascurare che in Cecenia scorre anche un oleodotto proveniente dai giacimenti azeri sul Caspio e diretto in Russia.
Fratelli musulmani e primavera araba
Così come Mackinder e Brzezinski premevano per la Heartland, lo studioso di geopolitica Nicholas Spykman nella sua opera del 1944 The Geography of Peace, si concentrava sulla Rimland, vale a dire la zona che contornava la Heartland.
Egli riteneva che Maghreb e Medioriente andassero mantenute in un perenne stato di divisione e instabilità per la strategia del divide et impera.
In questo senso si può interpretare la simpatia da parte dei media e di molti governi occidentali, in primis degli Stati Uniti[4], nei confronti delle cosiddette primavere arabe del 2011 orchestrate dalla Fratellanza Musulmana, un’organizzazione di ispirazione salafita fondata nel 1928 in Egitto ma che presto intrattenne ottime relazioni con il neonato regno saudita.
Va comunque detto che proprio nel periodo delle primavere arabe i rapporti tra Fratellanza e sauditi iniziarono a incrinarsi. Al momento, ufficialmente, gli sponsor principali della Fratellanza sono Qatar e Turchia, questo a testimoniare ulteriormente che le dinamiche del mondo musulmano sono complesse e fluide.
La guerra in Siria
Tra i ribelli che hanno iniziato a combattere contro il governo siriano di Bashar al Assad, sempre a partire dal 2011, si sa per certo che erano presenti anche fazioni fondamentaliste che sono riconosciute internazionalmente come gruppi terroristici, tra cui l’ISIS e Al Nusra.
Le potenze NATO che all’inizio del conflitto si erano schierate immediatamente dalla parte dei ribelli fornendo assistenza militare hanno candidamente dichiarato che sicuramente i loro aiuti sarebbero andati solo alla parte “buona” dei ribelli, anche se almeno qualche equivoco si è creato[5].
Altro aspetto controverso sono i presunti finanziamenti da parte dell’Arabia Saudita e del Qatar, non proprio due nemici giurati degli Stati Uniti, nei confronti del cosiddetto Stato Islamico. [6]
Conclusione
La storia delle collaborazioni più o meno nascoste tra potenze occidentali e fondamentalismo islamico sarebbe anche più ricca di particolari, ma si rischia di entrare nel campo delle speculazioni o (a pensar male) del complottismo.
Tanti elementi non tornano ad esempio sulle versioni ufficiali dei vari attentati degli ultimi anni in Francia e Belgio riguardanti Islam e violenza, ma non è questa la sede per approfondirli.
Il punto centrale del discorso resta che non si ci può limitare a parlare di violenza islamica senza cercare di contestualizzarla da più punti di vista possibile, altrimenti si avrà una visione del fenomeno superficiale.
[1] https://www.eurasia-rivista.com/eurasia-o-eurobabele/
[2] Si veda ad esempio https://en.wikipedia.org/wiki/CIA_activities_in_Afghanistan
[3] Già teoria di di Halford Mackinder [1904].
[4] Si vedano ad esempio U.S. groups Helped Nurture Arab Uprising, “The New York Times”, 15 aprile 2011; New Generation of Advocates: Empowering Civil Society in Egypt, dal sito di Freedom House (www.freedomhouse.org)
[5] Si vedano ad esempio https://www.reuters.com/article/us-syria-crisis-mccain-idUSBRE94T0V320130530; https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2017/03/21/laurent-fabius-et-le-bon-boulot-du-front-al-nosra-en-syrie-histoire-d-une-citation-devoyee_5098486_4355770.html
[6] Si vedano ad esempio https://www.channel4.com/news/factcheck/factcheck-qa-is-saudi-arabia-funding-isis; https://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/view/qatar-and-isis-funding-the-u.s.-approach